Possiamo tenere lontani i ragazzi dalle droghe sintetiche?
Tenere il conto di tutte le sostanze stupefacenti di nuova generazione non è facile. Sono per lo piò “legali” e non individuabili con un droga-test. Come il Mefedrone, che Tommaso, 16 anni, ha acquistato con il nome di “Miao-Miao” in rete per soli 5 euro. Possiamo tenere lontani i ragazzi dalle droghe sintetiche? Ne parliamo con Sergio De Filippis, docente di Psichiatria all’Università Sapienza di Roma
Tommaso S. ha 16 anni. Quando lo ricoverano al servizio psichiatrico dell’ospedale la sua violenza, verso tutto e tutti, compreso se stesso, è tale da rendere necessario un contenimento fisico. Ogni volta che sciolgono i lacci, la sua furia riesplode. E, a malincuore, lo rilegano. Va avanti così per giorni. Troppi. I sedativi sembrano non avere alcun effetto e tanto meno gli antipsicotici usati in questi casi. Che cosa è mai successo a questo ragazzo, studente liceale, non proprio modello, con un rendimento nella norma, magari un po’ chiuso di carattere, che socializza a fatica, solitario, fanatico di computer, ma non violento? Possibile che non ci sia mai stato un segnale d’allarme al suo malessere? Possibile che sia impazzito così, d’un tratto, e i genitori, gli insegnanti non abbiano capito prima che qualcosa non andava? Tommaso aveva ammesso di farsi di tanto in tanto delle “canne”, per evadere, scacciare i problemi, provare nuove sensazioni e sentirsi anche più “figo”, come diceva lui con spavalderia. Una disinvoltura, la sua, solo apparente, come talora accade in questa ingrata età di passaggio, l’adolescenza, in cui la ricerca della propria identità spesso naviga in acque burrascose, con subbugli interni, conflitti, e angosce, prima tra tutte quella di crescere (e in latino “adolescere” significa appunto crescere). Tommaso, che passava le sue notti su internet, aveva scoperto il “Miao-Miao”, una droga sintetica comparsa nel 2008, nota sul mercato virtuale anche come Mefedrone, e l’aveva comprata di nascosto dai suoi genitori, in modo assolutamente legale. Lo aveva fatto più volte, non una. L’effetto era stimolante, simile a quello di cocaina, amfetamine ed ecstasy. Gli dava un senso di sicurezza, potenziava le sue percezioni sensoriali, lo rendeva più disponibile alle relazioni sociali e costava poco: 5 euro per una capsula da 250 mg. “Sempre più spesso l’abuso di sostanze stupefacenti, specie molecole di recente diffusione, che si sono aggiunte a quelle già presenti e largamente utilizzate come la cocaina, favorisce l’insorgere di episodi psicotici in adolescenti e giovani che le sperimentano, tanto da far temere un’emergenza medica, oltre che sociale, di proporzioni preoccupanti.
La correlazione tra uso di droghe e sintomi psichiatrici, con alterazioni dell’umore di tipo maniacale e perfino allucinazioni, è ormai dimostrata da numerosi studi” afferma Sergio De Filippis, docente di Psichiatria all’Università Sapienza di Roma che si occupa di doppia diagnosi, vale a dire della dipendenza da droghe a cui si accompagnano disturbi psichici. E prosegue: “Difficile tracciare un confine tra dipendenza e disagio mentale perchè molti comportamenti sono riscontrabili in entrambe queste condizioni, come l’abuso di internet o tv, il gioco d’azzardo patologico, lo shopping compulsivo, problemi di tipo alimentare, come l’anoressia o la bulimia, tendenze autolesive. Ho ricoverato ragazzi che dopo aver assunto durante festini, sostanze come cannabis sintetica di nuova generazione (“Skunk”) insieme ad alcool o a ketamina (un anestetico usato molto in veterinaria con effetto dissociativo) hanno tentato di togliersi la vita buttandosi dalla finestra, in preda al panico che ‘un qualcuno di indefinito’ volesse fargli del male. Un ragazzo di 17 anni dopo aver preso durante un party ecstasy, LSD (allucinogeno di sintesi) e ketamina ha vagato per la campagna per circa tre giorni, in preda a terribili allucinazioni visive (le zolle di un campo arato erano per lui dei teschi), in uno stato d’animo che ha lasciato conseguenze visibili per molti mesi”.
Non è facile tenere il conto di tutte le sostanze stupefacenti di nuova generazione, non appena ne viene catalogata una, un’altra se ne aggiunge. Per lo più “legali” e che il droga-test non è in grado di individuare. Al massimo riesce a dire se “ti sei fatto” con cannabis e cocaina, ma la maggior parte delle sostanze in commercio sfugge ai controlli. Il Mefedrone, che ha mandato letteralmente in tilt Tommaso, è commercializzato come fertilizzante per piante o lo si spaccia come sale da bagno e negli ultimi tre anni la sua vendita online a scopo di abuso è così aumentata da spingere alcuni Paesi, come il Regno Unito, dove i casi identificati di morte legati al suo consumo sono numerosi, a vietarne il commercio anche come fertilizzante. Fabrizio Schifano, professore ordinario di farmacologia clinica all’Università inglese dello Hertfordshire, che si occupa di tossicodipendenze da circa trent’anni ha avviato nel 2002 il progetto internazionale “Psychonaut” per una mappatura delle droghe, tradizionali e non, e successivamente lo “Psychonaut Web Mapping System” e il REDNET Project, per raccogliere tutte le conoscenze sulle sostanze psicotrope, le più svariate e le più nuove, che a ritmo continuo vengono immesse sul mercato: si calcola siano 670 tra nuove molecole e composti, ma forse è una sottostima.
“Il mondo della dipendenza negli ultimi anni ha subito una profonda trasformazione, di fatto è in continua evoluzione e segue, rispecchiandoli, i cambiamenti della società in cui viviamo. L’epidemia da eroina e il dramma Aids negli anni ‘80 lo aveva messo in crisi, così la criminalità organizzata ha scelto di diversificare le sostanze stupefacenti, riducendone il prezzo in modo da essere accessibili a un numero crescente di consumatori. Sono droghe da ricreazione, da weekend, che non dovrebbero dare dipendenza, e spopolano nelle discoteche: in Gran Bretagna tra sabato e domenica si vendono 500 mila compresse da sballo e in Italia 85 mila. Sto parlando di un mercato sommerso per cui fare calcoli che si avvicinano alla realtà non è semplice” ammette Schifano. “Negli anni ‘90 arrivarono ecstasy ed MDMA, e poi, via via, tutte le altre nuove molecole come catinoni, ketamina, khat, metamamfetamine, note come ‘Cristal Meth’, ‘Shaboo’, ‘Ice’. A essere molto diffusi oggi sono i cannabinoidi sintetici analoghi a quelli naturali, che si producono in laboratori clandestini e hanno un alto contenuto di THC, uno dei principi attivi della cannabis”. Chi vi ricorre crede di poter sfuggire allo stigma del “drogato”. E trova, o almeno cerca, in queste sostanze un sostegno effimero a stati d’animo che lo fanno sentire fragile e non all’altezza delle prestazioni che gli vengono richieste. E qual è il ragazzino che non si sente così? Ossia impreparato e spaventato all’idea di entrare nel mondo dei grandi?
Lorenzo, il quattordicenne protagonista introverso e nevrotico di Io e te, il libro di Niccolò Ammanniti diventato film con il regista Bernardo Bertolucci, si barrica in cantina con Coca-Cola e scatolette di tonno per fare credere alla madre che trascorre una settimana bianca con gli amici. Amici che lui non se la sente di affrontare, perchè non ama stare con fastidiosi compagni di scuola e non ama le tensioni, e i conflitti famigliari. “La paura di diventare grandi può essere vissuta in modi diversi, a seconda del sostegno che si riceve in casa, dell’ascolto, e dell’ambiente sociale. L’accesso al mondo adulto è divenuto sempre meno appetibile per i giovani, per certi versi spaventoso. Sono molti gli ingredienti che possono rendere un adolescente più vulnerabile di altri nell’età del divenire. Se mancano saldi punti di riferimento in famiglia, il disagio e l’ansia possono sopraffare e la ricerca di una scorciatoia diventare la soluzione più semplice” sostiene De Filippis. Il giapponese Murakami in Kafka sulla spiaggia, descrive con una suggestiva metafora il passaggio dall’adolescenza al mondo “spietato”, come scrive lui, degli adulti: una violenta tempesta di sabbia bianca finissima che, per quanto metafisica e simbolica, lacera le carni. “E quando sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla”. Il protagonista del romanzo, il quasi quindicenne chiamato Corvo, uscito da quel vento non sarà più lo stesso di prima. Per non spaventare i consumatori, per lo più minorenni, a queste sostanze vengono dati nomignoli rassicuranti e fantasiosi.
Dalle “fly drugs” (tra cui l’allucinogeno bromo-dragon-FLY sintetizzato nel 1998) alle “spice drugs”. Queste ultime sono simili a piante essiccate, le si vende sul web come deodoranti per ambienti, all’interno di buste che contengono dosaggi variabili di cannabinoidi sintetici. Ci sono poi le piperazine, il GBL precursore ad uso industriale del GHB o liquid ecstasy (ne bastano pochi millilitri in una bibita per fa perdere a una ragazza la memoria di essere stata stuprata), le dimetiltriptamine, oppure altri prodotti di derivazione naturale come i semi di rosa arborea delle Hawaii, la Phalaris Arundinacea, l’Heimia salicifolia, il Poppy Straw, il kava-kava, la Yage, l’Ayahuasca, la Salvia divinorum, e ancora molecole come l’Ibogaina, l’Ivory Wave o Vanilla Sky, tutti con effetti psicotropici stimolanti o allucinogeni. Un elenco lungo a cui si aggiunge l’abuso di farmaci, dagli anticonvulsivanti agli antisettici (c’è chi beve il Tantum rosa perchè contiene la benzidamina con effetto allucinogeno), ai sedativi, a medicinali utilizzati per il deficit di attenzione (come il metilfenidato) e perfino i colliri anticolinergici che iniettati in vena, provocano deliri. Un mercato variegato e un fenomeno sommerso che rendono ardua la battaglia delle istituzioni per contenerne i confini ed esercitare un controllo.
Se non è possibile rintracciare tutti i nuovi composti, che sfuggono ai test in uso, come fare un monitoraggio? “In Italia ci stanno provando diverse istituzioni, tra cui il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri che riceve informazioni sull’abuso di nuove sostanze dalle Prefetture e dalle Questure, ma la raccolta di dati sul campo non è così efficace. Con internet ogni controllo diventa aggirabile e paradossalmente sono i nostri giovani pazienti a fornirci le informazioni più aggiornate sul tipo droghe in uso e sul loro commercio ” dice Alessandro E. Vento, Psichiatra dell’Osservatorio sulle Dipendenze e sui Disturbi Psichici Sottosoglia. Andrea, un ragazzo di 17 anni, già disinvolto consumatore di marijuana, va in gita a Tel Aviv e mentre fa visita a un chiostro gli offrono “Mister Chuck”, un cannabinoide sintetico non catalogato che quindi sfugge al drug-test. Andrea fuma “Mister Chuck”, così chiamato dal nome di un pupazzo per bambini, e con un ironico riferimento al senatore statunitense Chuck Hagel che si era battuto contro il dilagare dei cannabinoidi sintetici. “Andrea ha un episodio di tipo schizofrenico, molesta sessualmente un’anziana signora, finisce al pronto soccorso ma al test per la droga risulta negativo. Gli antipsicotici che gli vengono somministrati hanno scarsa efficacia e per lui inizia un lungo percorso di malessere psichico: una sorta di porta girevole da un ricovero all’altro” racconta Schifano. Va detto, ci tiene a precisarlo De Filippis, che la psichiatria si trova oggi ad affrontare in un certo senso impreparata un fenomeno nuovo e ha tardato a prevedere uno spazio in cui si affrontano le peculiarità di questa età critica, l’adolescenza, che va dai 14 ai 18 anni. “Un’età messa ora in gioco dal dilagare su internet, ma non solo, di sostanze disegnate ad hoc per rispondere al bisogno dei giovani di un autocontrollo delle loro emozioni e alla fatica di affrontare una realtà sociale che non tiene conto delle loro esigenze, e non offre loro validi modelli. Per non parlare di valori”. Spesso sono stati i libri e i film ad anticipare temi di cui la società fatica a prendere atto. Nel provocatorio romanzo uscito nel 2000, Niente, della danese Janne Teller, del quale alcune librerie in Spagna e in Francia hanno addirittura rifiutato la vendita, Pierre Anthon, un ragazzino delle scuole medie, decide di abbandonare gli studi e di rifugiarsi su un albero di prugne “quando scopre che non vale la pena di fare niente, dato che niente ha senso”. Una ribellione diversa, ma ugualmente radicale, che fa tornare in mente la fuga dalla civiltà moderna, con le sue ipocrisie e i suoi falsi miti, di Christopher, il giovane protagonista del film del 2007 di Sean Penn, Into the Wild, trasposizione cinematografica del romanzo Nelle terre estreme di Jon Krakauer. Nel suo itinerario di riscoperta di se stesso, nel suo rifiuto della società dei consumi e della carriera a tutti i costi, nella sua ricerca di libertà, oltre che di rapporti autentici senza le tensioni familiari, nella sua sfida alla natura, da cui viene infine sopraffatto, si esprime lo sgomento e il disagio, sovente inespressi e inascoltati, che accompagnano i giovani d’oggi.
“Il punto di contatto tra disagio adolescenziale e ‘addiction’ costituisce oggi un nuovo elemento critico, oltre che un’emergenza di cui i genitori sembrano essere poco consapevoli. E per affrontare questo fenomeno è necessario un impegno condiviso” afferma De Filippis. “Esserci per questi giovani è importante. Così come lo è diffondere, con l’aiuto delle istituzioni, gli strumenti culturali per contrastarlo. Con campagne di informazione nelle scuole, percorsi di aggiornamento per gli addetti ai lavori, e corsi anche universitari. In questa ottica di prevenzione, diventano indispensabili servizi clinici dedicati ai disagi adolescenziali, specie se associati a dipendenze”. Servizi clinici che per ora si stanno solo delineando.