La condizione in cui l’abuso di una o più sostanze coesiste con un disturbo psichico, avendo le due problematiche un’influenza reciproca, viene definita da alcuni autori “doppia diagnosi” e può riguardare diverse patologie oltre che diverse sostanze: disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi di personalità, schizofrenia ed altri ancora. La cura di questi pazienti risulta essere assai più complessa rispetto a quella dei casi psichiatrici o dell’abuso di sostanze presi singolarmente.
L’aumento del numero di casi in doppia diagnosi, nella recente pratica medica, rende evidente la necessità di una modifica dell’approccio verso questo tipo di problema. Inoltre, allo stato attuale, gli operatori socio-sanitari coinvolti nella gestione di pazienti con doppia diagnosi provengono da percorsi formativi alquanto eterogenei.
Ciò rende ancor più difficile la gestione clinica di questi casi. In Italia, questo fenomeno è emblematicamente rappresentato dalla presenza di differenti servizi di cura per pazienti psichiatrici e per pazienti con problemi legati all’uso/abuso di sostanze (rispettivamente i Centri di salute mentale – CSM ed i Servizi per la cura delle tossicodipendenze – SERT), che a volte restano segregati tra loro nel trattamento dello stesso paziente con doppia diagnosi.
Diversi studi mostrano invece la necessità di un approccio integrato nel trattamento di questi casi. Inoltre, ampia è la variabilità dei possibili esiti nel trattamento di questo tipo di pazienti, incluso il rischio di intossicazione fatale. E’ perciò necessaria una scrupolosa valutazione degli indicatori di efficacia dei trattamenti effettuati, caso per caso.
